Einstein Probe
Exploring the dynamic X-ray Universe
BREVE DESCRIZIONE
Il satellite Einstein Probe (EP) è una missione dell’Accademia Cinese delle Scienze (CAS) in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e il Max Planck Institute für Extraterrestrische Physik (Mpe) di Monaco di Baviera, dedicata allo studio dei fenomeni transienti – ovvero fenomeni che non brillano continuamente ma che appaiono e scompaiono – nell’astrofisica delle alte energie (banda X dello spettro elettromagnetico).
Lanciato il 9 gennaio 2024 dal centro spaziale di Xichang nella provincia di Sichuan ha raggiunto con successo la sua orbita a circa 600 km dalla Terra da cui compie una rivoluzione intorno alla terra ogni 96 minuti con un’inclinazione orbitale di 29 gradi.
Il team operativo della missione – collaborazione guidata dal CAS e che comprende l’ESA, il MPE e l’Agenzia Spaziale francese (CNES) – ad oggi ha completato la fase di test necessari per confermare la funzionalità del veicolo spaziale e sta svolgendo le attività di calibrazione in orbita, per poi dare inizio, verso la metà di giugno, alle osservazioni scientifiche di routine.
RUOLO DELL’OSSERVATORIO
Il nostro osservatorio partecipa alla missione Einstein Probe con il nostro ricercatore Giancarlo Ghirlanda (ESA Appointed Scientist) che ha applicato ad una call dell’Esa per l’accesso ai dati scientifici.
PERSONALE OSSERVATORIO COINVOLTO
- Giancarlo Ghirlanda
TIMELINE
2024 – 2027
WEBSITE
Einstein Probe (sito ufficiale)
CONTATTI
giancarlo.ghirlanda AT inaf.it
CREDITI
Contenuti pagina web – luglio 2024: G. Ghirlanda.
PER SAPERNE DI PIÙ
Scopi principali del progetto
Migliorare la nostra comprensione dei processi più energetici del cosmo individuando nuove sorgenti di raggi X e monitorando il loro cambiamento nel tempo. Nei suoi tre anni di missione scoprirà/rivelerà:
- oggetti compatti in accrescimento come buchi neri e stelle di neutroni,
- lampi di raggi gamma (Gamma Ray Burst),
- esplosioni di supernova,
- flare stellari e luce X da altri oggetti del sistema solare come le comete,
- buchi neri supermassicci dormienti la cui presenza può essere individuata dall’emissione X di stelle vicine innescata dalle forti forze mareali,
- per ultimo i raggi X provenienti dalla collisione di due oggetti compatti massicci (2 stelle di neutroni o un buco nero e una stella di neutroni) che danno origine alle onde gravitazionali.
Occhi d’aragosta per sondare l’universo
Due sono gli strumenti scientifici a bordo della sonda: il Wide-field X-ray Telescope (Wxt), una sorta di “grandangolo” in grado di cogliere in un solo puntamento quasi un undecimo dell’intera sfera celeste con moderata risoluzione spaziale ed energetica, e il più sensibile Follow-up X-ray Telescope (Fxt – 2 unità), il “teleobiettivo” dedicato all’osservazione in dettaglio degli eventi di breve durata catturati dal Wxt.
Lo strumento Wxt è composto da dodici moduli basati sulle cosiddette ottiche lobster-eye (“occhi di aragosta”), testate in volo nel 2022 dal dimostratore tecnologico Leia (Lobster Eye Imager for Astronomy).
In queste ottiche la focalizzazione dei raggi X sul sensore avviene per riflessione su minuscole cellette cubiche disposte sulle superficie dei 12 moduli in analogia alla visione dell’aragosta. I dodici moduli forniscono un campo visivo di oltre 3600 gradi quadrati, consentendo a Einstein Probe di monitorare l’intero cielo in sole tre orbite.
La modalità di funzionamento delle ottiche a “occhi di aragosta” fa sì che i rilevamenti di oggetti altamente energetici assumano il caratteristico aspetto di un segno “più” luminoso.
Nel corso della missione, le rilevazioni del Wxt saranno utilizzate per allertare numerosi telescopi a terra e nello spazio al fine di eseguire osservazioni di follow-up in diverse bande dello spettro elettromagnetico. Relativamente alla banda X, le osservazioni di follow-up possono essere fatte anche direttamente dallo strumento Fxt a bordo del satellite.
Nella ricerca rivolta all’universo in raggi X Einstein Probe ” … è la missione giusta al momento giusto. Con i grandi satelliti per raggi X Chandra e Xmm con ciascuno più di vent’anni sulle spalle, eRosita in standby per la guerra in Ucraina e NewAthena previsto nel 2037, a breve e medio termine tocca proprio a Einstein Probe permetterci di catturare e studiare i transienti nel cielo X”, come concludono Luigi Piro e Giancarlo Ghirlanda dell’Istituto nazionale di astrofisica – entrambi fra gli scienziati selezionati dall’Esa per la partecipazione a Einstein Probe – nell’articolo “Einstein Probe spalanca gli occhi sul cielo X” di MediaInaf del 27/04/2024.
A sinistra: uno dei 12 moduli dell’ottica a “occhi di aragosta” del Wxt. I quadrati grigi coprono minuscole cellette cubiche che guidano i raggi X verso il rilevatore CMOS interno. I quadrati sono realizzati da 150 nanometri di alluminio e 100 nanometri di poliammide. Proteggono il telescopio a raggi X dall’inquinamento luminoso ottico – Crediti: X-ray Imaging Lab, NAOC, CAS. A destra: schema ottico: i raggi X provenienti da una sorgente distante illuminano le cellette e vengono messi a fuoco sul piano focale dove è posto il rivelatore CMOS con il caratteristico aspetto di un segno “più” luminoso. Alcuni raggi non interagiscono con le pareti delle cellette e possono finire ovunque sul rivelatore ma la maggior parte verrà riflessa. I raggi riflessi solo dalla parete superiore o inferiore causano la barra orizzontale mentre quella verticale è data dai raggi riflessi solo dalla parete sinistra o destra. I raggi che riflettono su entrambe le pareti (doppia riflessione) finiscono nel centro del’immagine provocando un segnale intenso – Crediti CAS
Immagine della Via Lattea in raggi X acquisita dallo strumento Wide-field X-ray Telescope (Wxt) di Einstein Probe durante la campagna di calibrazione. Spiccano una ventina di croci violacee: sono i caratteristici segni a forma di “più” e hanno al centro un punto brillante – Crediti: Epsc, Nao/Cas; Dss; Eso.